Metodologia
Il lavoro psico-socio-educativo nella Comunità nasce da un “fare con” e non da un “fare per” e, ancora oggi, assume ciò come elemento distintivo e qualificante di qualsiasi iniziativa proposta.
Lo sviluppo nel corso del tempo di progetti e percorsi caratterizzati dall’intervento in équipe multi professionali ha permesso di individuare un modello di lavoro capace di declinare il “fare con” come azione consapevole all’interno della propria identità e specificità professionale (educatori, psicologi, medici, ass. sociali….) nella relazione con le persone accolte. Contemporaneamente, lo stesso modello di intervento, si offre come strumento per intrecciare il “fare con” del lavoro di gruppo fra professionisti e dell’intera cooperativa come “gruppo di gruppi di lavoro”
Sul versante psicologico e psicoterapeutico tale impostazione opera una fondamentale distinzione e passaggio dal “curare” (come intervento sintomatologico) all’offrire nuove possibilità di sviluppo, rinarrando consapevolmente nuove versioni di se e della propria storia. Un “prendersi cura” come azione relazionale attiva ed esplorativa che riconduce l’educare al significato etimologico di un “trarre fuori” come obiettivo e forza propositiva di un intero gruppo, sia in senso ristretto (in quanto soci, promotori ed educatori), sia in senso allargato (come gruppo/gruppi di operatori ed utenti insieme).
La costante riflessione sull’azione ha permesso di strutturare e proporre un modello di intervento psico-socio-educativo attraverso il gruppo, misurandolo volta per volta con: le problematiche emergenti del territorio, gli stakeholders (servizi, istituzioni, scuole, famiglie…); interlocuzioni su un piano regionale e nazionale; un confronto con teorie e modelli di sviluppo socio educativi.
L’essere in relazione quindi, da condizione di partenza imprescindibile ad ogni lavoro sociale, è diventata nel tempo una scelta modellistica ed operativa: di osservazione ed interpretazione della realtà e di costruzione di progetti di sviluppo.
Il gruppo come espressione teorica ma anche come fattualità del costante essere in relazione di ogni persona è assunto nella comunità La Tenda: Come modalità di “lettura” dei fenomeni umani e perciò sociali, Come scelta di fondo e patrimonio condiviso dall’intero corpo sociale, Come requisito fondamentale richiesto a qualsiasi persona/educatore voglia inserirsi nell’ambito delle attività della cooperativa stessa.
Le linee metodologiche vogliono offrire a tutti gli operatori della cooperativa, nelle loro diverse professionalità e ruoli, una “mappa concettuale ed operativa”, in grado di orientare sulle conoscenze e sulle competenze richieste e di sostenere nella comprensione delle esperienze e nella partecipazione attiva a un “gruppo di lavoro”.
(Tratto dall’Introduzione delle Linee Metodologiche)
RISCHIO CLINICO
Il rischio Clinico è la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate durante il periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o di morte (Kohn, IOM, 1999).
Costituisce un fattore endogeno ad ogni atto medico e di cura, risultando naturalmente connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e declinandosi nella probabilità che un paziente subisca un evento avverso.
Da questi pochi pochi ma essenziali elementi emerge come il tema del rischio clinico sia un tema centrale nello sviluppo e nella valutazione di programmi terapeutici.
in accezione più ampia è necessario chiedersi in che modo il rischio clinico impatta o può impattare strutture e percorsi di tipo sociosanitario quali quelli della Comunità La Tenda.
(Tratto dall’Introduzione di “Una visione del Rischio Clinico”)